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206 La Conquista di Roma

le foglie di palma delle giardiniere, accanto alle mensole cariche di statuine, dal pianoforte alla porta, l’approvazione femminile si andò man mano affievolendo: quelle che stavano ancora sulla soglia del salone ministeriale, crollarono il capo, due o tre volte, come se annuissero tacitamente. Solo Sua Altezza, il principe orientale in esilio, accasciato grassamente in una poltrona, rimase immobile; nel viso gonfio, scialbo, macchiato qua e là dalla barbetta incolore e brizzolata, con quella flemma contemplativa di orientale enorme, rimase immobile, pensando forse alle drammatiche canzoni di Aida che erano state uno degli splendori del suo trono, socchiudendo gli occhi rossi e rotondi sotto la striscia rossa e sottile del fez.

E il chiacchiericcio femminile ricominciò, e donna Luisa Catalani, la moglie del ministro, la padrona di casa, che si era riposata un poco durante la musica, riattaccò i suoi giri di saluti, di riverenze, di sorrisi: e il vestito di casimiro bianco, le rosette di brillanti, la piccola testa, il viso piccante, la pettinatura un po’ strana, si scorgevano in ogni posto, quasi nello stesso momento,