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284 La Conquista di Roma

dorsale di quel grande corpo che era la Camera.

L’aria parlamentare era carica di elettricità: nessuno scriveva, nessuno leggeva, tutti erano rivolti verso l’oratore, dei gruppi di ascoltatori si erano fermati sotto il suo settore; della gente era financo scaglionata sulla scaletta, quasi volesse bere le parole di Sangiorgio, in una esagerazione di attenzione. Lassù, nella tribuna diplomatica, la già bella, e ancora bella contessa Lalla D’Ariccia, il più sicuro barometro della crisi, era comparsa: ella non veniva che nei giorni di elettricità. Donna Luisa Catalani chinava la piccola testa fasciata da una veletta bianca, e, accanto a lei, donna Angelica Vargas piegava la bella faccia senza velo, tutta rossa ai pomelli, quasi esaltata dalla curiosità.

L’oratore riassumeva, con una forza di sintesi martellante sull’uditorio, tutto quello che aveva detto: e senza aggiungere osservazioni, senza chiedere risposta, senz’aspettarne, con un disprezzo di qualunque argomento, detto da qualunque avversario, propose, leggendolo, il seguente ordine del giorno:

«La Camera, disapprovando la politica interna