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342 La Conquista di Roma

del salone, fra un grande volteggiare di veli bianchi, rosei, azzurri, scostandosi solo, con una certa timidezza, innanzi alla poltrona reale. Gli uomini andavano, venivano, si fermavano in gruppi, ballavano, chiacchieravano: niuno badava a loro. Francesco Sangiorgio, dopo la quadriglia reale, era scivolato fra le gonne seriche, lentamente, era distante da donn’Angelica soltanto venti passi e la vedeva discorrere col deputato di Carimate, il gran signore lombardo, dalla barba nera e dai principii vaghi di socialismo: ma ella stessa, donn’Angelica, era un po’ distratta, con gli occhi bassi, che ogni tanto si rivolgevano verso la persona regale.

E come quell’astro si volgeva a destra e a sinistra, come faceva cenno di alzarsi, certi lunghi fremiti correvano per quei gruppi di donne: tutte volgevano il capo da quella parte, molte tacevano, aspettando, molte continuavano a chiacchierare o ad ascoltare, ma balbettavano: il loro spirito era altrove. La regina era passata al gruppo delle sue dame, mostrando il profilo regale alla sala: e lo squadrone delle dame, in piedi, la circondava: le due principesse americane maritate a due principi romani, una biondissima, più