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360 La Conquista di Roma

timento che rassomigliava o superava i furori degli animali festanti.

La gente rifluiva sino alle due porte del Pincio, sbarrandole, chiudendole, aggrappata ai cancelli aperti, volgendo le spalle ai due viali ascendenti: ma niuno entrava, niuno pensava di salire al Pincio, presi da quell’ardore concentrato che danno i grandi spettacoli dello sfrenamento umano. Sangiorgio camminava con stento, contro corrente, ora pallido, ora rosso, frenandosi malamente a non dare dei pugni a quelli che lo spingevano. Ma la estrema difficoltà fu per lui di poter entrare al Pincio: la folla che ne sbarrava l’entrata non lo voleva lasciar passare, non voleva perdere il posto, non voleva che lui ne usurpasse uno, credendo che egli volesse installarsi là, non supponendo mai che egli volesse andare a passeggiare lassù.

Quale singolarità di gusti poteva dunque condurre quell’uomo a passeggiare pel Pincio deserto, in quella giornata di baldoria, in quell’ora tiepida pomeridiana, quando tutta la gente impazziva di gioia carnevalesca da Piazza Venezia a Piazza del Popolo? La folla non voleva crederci, a questa stranezza, e non voleva lasciar