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400 La Conquista di Roma

grossa vena sanguigna: nessun’altra pianta, nessun altro fiore. E il piccolo stanzino da toilette, accanto, era parato di Casimiro bianco e di rosso, con un nécessaire d’argento brunito, segnato colle cifre di Francesco Sangiorgio: due enormi azalee bianche vi fiorivano.

In quattro giorni, cedendo alla fretta del deputato, l’artista gli aveva messo su quella casa: sulle prime Sangiorgio si era tenuto guardingo, andando ogni tanto a sorvegliare: ma la impazienza lo mordeva troppo, tutto gli sembrava troppo brutto per lei, troppo lento per il suo amore. Se ne andò via, deciso a ritornare solo quando la casa fosse finita, dormendo e sonnecchiando e sognando nel suo freddo e puzzolente quartierino di Via Angelo Custode, mentre a Piazza di Spagna preparava il nido dell’amore.

Egli vi ritornò, solo quando tutto era a posto, e ne ricevette una impressione gioconda e dolorosa. Che avrebbe ella detto? Non era troppo morbido quel salotto per la bella e composta persona, che non si abbandonava mai sopra una poltrona? Non era troppo sensuale tutto quell’Oriente per la casta fantasia della soavissima? Non erano forse troppo voluttuosi quei giacinti,