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La Conquista di Roma 405

preso da una grande indifferenza innanzi a quelle domande dei suoi elettori, innanzi a quelle raccomandazioni dei sindaci, pressanti, insistenti, noiose. Sino a un mese prima, era stato un deputato freddo, ma compito, rispondendo sempre, a tutti, talvolta il giorno stesso, non curandosi delle persone poco influenti, saggiamente rendendo servigi ai grandi elettori, a tutti coloro che potevano essergli utili, appagando costui con una promessa, per qualcuno ottenendo quello che desiderava, in realtà non disgustando nessuno. Ma tutti quegli affari gli erano prima tornati indifferenti, ora lo seccavano, lo irritavano: egli pensava solo a quel nido odoroso dove forse, in quel giorno, la dolce signora sarebbe venuta, rimetteva in saccoccia, con un moto nervoso, quelle lettere e andava a far colazione, presto, alle Colonne, solo solo, assorbito dal suo pensiero, immerso in una contemplazione buddistica dell’amore. Mangiava senza vedere: e se a un tratto la coscienza gli rimproverava di non rispondere alle lettere urgenti, si faceva portare della carta, il calamaio e la penna, e scriveva frettolosamente, brevemente, sopra un angolo del tavolino, lasciando raffeddare la bistecca.