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Pagina:Serao - La conquista di Roma.djvu/413

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La Conquista di Roma 409

to sul petto, come un miserabile febbricitante, che ha addosso il ribrezzo del male, come un giuocatore che ha perduta l’ultima sua partita.


E così, come il giuocatore che ogni giorno si abbatte nella sua delusione, ma ogni notte ritrova le forze per sperare e per giocare, più ardimentoso, più audace, l’amatore avvilito nella sua speranza ritrovava la sera al cospetto di Angelica la fede nell’Amore. Non la vedeva che fra la gente, non poteva quasi mai parlarle, ma lo sguardo di lei gli diceva sempre, esortandolo alla pazienza, alla rassegnazione:

— Aspettami, aspettami ancora: verrò.

Il giorno seguente, malgrado una voce scettica che gli parlava nell’anima, malgrado tutte le delusioni passate, egli andava a chiudersi più presto nel quartierino di Piazza di Spagna. Era una follia sperare che ella avesse potuto venire prima delle due: ma, nella sua impazienza, egli arrivava ogni giorno più presto, penetrando nel salotto a mezzodì col bel sole meridiano di aprile, ne usciva alla sera, sempre più tardi, alle otto. Alle volte, accanto al fuoco semispento, un assopimento lo prendeva, come quelli che colgono

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