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40 La Conquista di Roma

tecitorio, non voleva per nulla occuparsi del mondo parlamentare: aveva bisogno di veder Roma, di trovar casa. Egli s’indugiava alla finestra, volendo mettersi in giro, dopo colazione. Si era svegliato di buon’ora, desto da un frastuono di voci e di risate, nella camera accanto. Una voce sonante, virile, tutta scoppii, che pronunziava con un fortissimo accento napoletano, che parlava un dialetto napoletano schiettissimo, frammezzato da grosse risa, dalla mattina strepitava, esclamando, con due persone in visita che erano poi sostituite da altre due, una sfilata di amici, di sollecitatori che chiedevano, si raccomandavano, ripetevano infinitamente la loro domanda, in dialetto napoletano, con quella ostinazione verbosa partenopea, a cui l’on. Bulgaro, deputato per Chiaia, secondo quartiere di Napoli, rispondeva con forti dinieghi. Si udiva tutto attraverso la porta divisoria: l’onor. Sangiorgio, involontariamente, ascoltava — Non poteva, no, proprio non poteva, l’on. Bulgaro: che era forse il Padre Eterno da far grazia a tutti? Lo lasciassero in pace, una buona volta! — E passeggiava per la stanza, col suo pesante passo di biondone grasso che la vita borghese ha intorpidito, to-