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64 La Conquista di Roma

spondeva un moto della gente, come una espansione di contentezza, e ogni tanto la cappa tesa e rotonda di un ombrellino si levava. La processione degli invitati continuava, attraverso il grande circuito libero: ora essi si affrettavano con un principio d’impazienza, spingendosi un poco, sapendo di arrivar troppo tardi, per aver un buon posto. La folla delle strade, dei vicoli, dei balconi, delle finestre, sembrava talvolta come colpita da un’improvvisa immobilità, quasi un incantesimo l’avesse pietrificata, come se una immensa invisibile macchina fotografica stasse fotografandola; e si potevano discernere le facce immote, gli occhi sbarrati, le file ammassate, i bimbi tenuti in collo dalle mamme, una carrozza da nolo, ferma, fra la gente, su cui erano salite venti persone, in piedi. Poi questo incantesimo si infrangeva, la folla aveva quell’agitazione di colori che si muovono, stando sempre allo stesso posto: un movimento circolare, come lo snodamento degli anelli di un lombrico. Un ragazzetto era salito sul piedistallo, alto, dell’obelisco, e di là, attaccato al grosso tronco di pietra, si divertiva a far dei giuochi di equilibrio.

Infine il sole arrivò alla linea dei soldati, pi-