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116 la mano tagliata.


— Luigi, corri, — diceva continuamente Héliane al suo cocchiere.

Costui adesso sferzava vivamente i suoi cavalli, quasi che la nervosità e l’emozione dei suoi padroni gli si fosse comunicata. Adesso la distanza fra le due vetture diminuiva di nuovo e la donna bianca si distingueva perfettamente. Però ella non si voltava più, come se il piccolo domino nero glielo avesse proibito. Le due vetture si trovavano ora all’esedra di Termini; lì parve che la carrozza degli sconosciuti rimanesse un minuto indecisa, poi si slanciò per la via della stazione. Dietro correva sempre l’altra carrozza: era una vera caccia silenziosa, concentrata, commossa. Gli sconosciuti non si fermarono alla stazione; il loro equipaggio s’internò per il dedalo delle strade nuove dell’Esquilino, verso via Venti Settembre.

— Ma dove vanno? — chiese ansiosamente Héliane, che non aveva compreso nulla, ma a cui si era comunicata la febbre di quella caccia.

— Chi lo sa! bisogna seguirli, — replicò Roberto Alimena.

— Bisogna seguirli, — ribattè Ranieri Lambertini.

Ora l’ampia via Venti Settembre, deserta in quel momento, si svolgeva propizia a quella fuga e a quella caccia. Di nuovo la carrozza dei perseguitati acquistava vantaggio: decisamente voleva sfuggire a quella strana maniera d’inseguimento. Essa non si fermò a nessuna porta di via Venti Settembre, anzi attraversò l’arco di porta Pia con un fragore sordo.

Quando la videro internarsi o meglio ingolfarsi nelle ombre di via Nomentana, i tre si guardarono in viso, stupiti.

— In campagna! si va in campagna, — disse Héliane, battendo le mani e cercando la sua pelliccia.