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142 | la mano tagliata. |
casa di vicolo del Pianto, che era rimasta vuota, col portone aperto: non un pensiero al padre, che pure ella aveva amato, che amava. Non la teneva che questo desiderio della fuga, affannoso, e il desiderio ardente di arrivare a casa di Ranieri Lambertini, subito.
— Lo troveremo? — disse a Rosa, mentre attraversavano il Corso, per passare a via Condotti.
— Certamente! Dove volete che sia?
— Ci accoglierà bene?
— Non aspetta che voi, signorina.
— Dobbiamo partire subito, subito, — disse, come fra sè Rachele. — Se no, egli ci trova.
— Partirete immediatamente.
— Tu verrai con noi, Rosa.
— No, signorina. Io me ne andrò al mio paese, in Ciociaria; comprerò una casetta colà.
— Anche tu dovrai partire prestissimo.
— Oggi stesso, signorina. Vostro padre potrebbe ritrovarmi ed io avrei dei guai.
— Partiremo, partiremo, — ripetette febbrilmente Rachele Cabib.
— Il conte sarà così felice! — disse Rosa.
— L’odio di lui ci seguirà sempre, — disse Rachele, pianissimo.
E si voltò indietro, come se udisse un passo. Difatti, mentre attraversava piazza di Spagna, parve che qualcuno, un’ombra, si mettesse a seguirle.
— Chi sarà? — domandò Rachele, senza voltarsi più.
— Nessuno, nessuno, non vi allarmate, camminiamo, — mormorò Rosa che comprese dover dare del coraggio alla sua compagna.
— Fosse lui?
— Chi, lui?
— Quell’uomo, quello che è venuto a insidiarmi in casa mia, stanotte....
— Non può essere. È un viandante qualunque.