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10 la mano tagliata.

gli sembrava, nel sogno, che fantomaticamente, come un soffio d’aria che attraversi un ambiente, qualcuno fosse entrato nella vettura e che vi si fosse fermato. Sognando, però, gli sembrava che l’oscurità dello scompartimento fosse così profonda, che egli, malgrado aguzzasse gli occhi — gli pareva così mentre dormiva e sognava — non arrivava a vedere chi fosse questo qualcuno. In fondo, mentre dormiva, il suo sogno diventava penoso: due o tre volte si agitò sotto la pelliccia, come se volesse liberarsi da un incubo, ma non riuscendovi. Pian piano, il sogno diventava più intenso, prendeva l’aspetto di un’allucinazione.

Adesso gli sembrava vedere due occhi fissi su lui, occhi immoti, glauchi, come l’acqua di uno stagno: sentiva, nel sogno, quello sguardo senza calore, ma fisso e ostinato. Di chi era quello sguardo? Apparteneva a una persona, a una persona viva, o a una visione? Di chi erano quegli occhi che, stranamente, nelle ombre fitte di cui il suo sogno era circondato, egli vedeva benissimo e li vedeva verdi, glaciali, immobili su lui? Nel sonno e nel sogno, egli sentiva crescere la sua pena, la sua ansiosa curiosità e gli pareva che non si potesse muovere, sotto quello sguardo, che quegli occhi lo vincolassero nel sogno e nella vita, lo legassero sotto la loro ossessione.

A un tratto, mentre l’incubo di Roberto Alimena si faceva più profondo e quasi insoffribile, il treno ebbe un urto di fermata. Con uno sforzo, Roberto Alimena si svegliò, si levò a sedere, trasognato, guardandosi intorno. I ferrovieri chiamavano la fermata di Frosinone. Un uomo era veramente seduto di fronte a Roberto Alimena.

Il giovane signore, quasi sveglio, represse un moto d’irritazione contro il conduttore. Ecco che gli aveva fatto salire qualcuno, malgrado le cinque lire! Per fortuna che era una persona sola