Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/228

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222 la mano tagliata.

colei che io cerco, quella su cui è stato commesso tanto orribile delitto, una povera vittima, non tanto più giovine, ma ancora giovine, ma seducente, nella sua aria sconvolta, dolente, folle. Uno spettro, amico mio, ma una creatura vivente, anche, che io andrò a cercare in capo al mondo, poichè io l’amo, come ho amato la sua bella mano tagliata. Ora, dopo quell’inseguimento infruttuoso, Ranieri ed io eravamo restati agitatissimi. Anche il mio amico era in uno stato patologico, visto che era molto contrastato in un suo grande amore e visto che era circondato da grandi pericoli. Non so come, non so perchè, ambedue ci trovammo d’accordo a credere che la medesima persona, che quell’uomo volesse la rovina di entrambi e la nostra morte. Ranieri non ne aveva nessuna prova certa, ma ne possedeva la convinzione morale.

«Io ero sicuro che egli ci perseguitava senza darci quartiere. Difatti, in due giorni che eravamo stati insieme, avevamo schivato per miracolo, tre o quattro accidenti dove potevamo perire. Ranieri, forse, era più inquieto di me. Egli teneva moltissimo a quella donna che egli adorava e che lo adorava; e l’ha perduta miseramente e per sempre!

«In mezzo a questi profondi sconvolgimenti morali, qual demone ha suggerito a me o a lui, di tenere l’invito della contessa Clara Loredana e di passare la serata con lei? Chi sa! Era il nostro destino, pare, che ci spingesse colà. Vi andai io, prima, verso le dieci e mezzo. La contessa abitava in un villino dei quartieri nuovi, nel fondo di un giardino. Un sol fanale illuminava il piccolo viale, prima di giungere al peristilio del villino; tutto il giardino restava, quindi, in ombra. Ho bussato e il cancello mi si è schiuso avanti, aperto per incanto, come nelle case delle maghe; mi sono avanzato nel viale, sono penetrato in una va-