Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/247

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la mano tagliata. 241

andato via di casa, dalle minacce che avevo fatte e dal mio carattere impetuoso e violento; e aveva proprio detto che io ero uscito cinque minuti dopo! Tutto questo io seppi più tardi, in carcere, dal mio avvocato, l’illustre Sergardi; e la prova dell’infame complotto ordito dal gobbo, mi fu palese. Il pugnale, abilmente, mi era stato sottratto, e la contessa veneziana, di così nobile casato, bella, giovane, ricca, non era che uno strumento vile del gobbo. Credete, mi vidi perso: perso, sopra tutto, perchè il Lambertini è stato tre mesi fra la vita e la morte, passando di bronchite in polmonite, di pleurite in congestione cerebrale, sputando sangue, vomitando sangue, non potendo nè levarsi, nè parlare, nè scrivere. Perduto! Così, il gobbo aveva ottenuto il suo duplice scopo. Ranieri Lambertini non era morto, ma agonizzava ed era in suo potere, nella casa della Loredana; io era carcerato, sotto una imputazione tremenda: i suoi due nemici erano per terra, dunque, ed egli trionfava! Una sola cosa mi confortava, in tanta disgrazia, lo credereste? La mano tagliata era sempre in mio possesso, a Milano, nella mia casa, chiusa fra altri oggetti spediti da me; e nessuno, neppure lui, ne aveva potuto ritrovare le tracce. Io ritengo che egli aveva commesso quel delitto, facendomene accusare colpevole, solamente per poter riavere quel bizzarro e pauroso pezzo di persona umana. Difatti, nella mattina in cui ero stato arrestato, una prima perquisizione era stata eseguita, nel mio quartierino, all’Hôtel d’Europe, da falsi agenti di questura, come ho saputo più tardi, che misero sossopra tutti i miei bagagli e poi finirono per non portar via nulla; una seconda perquisizione, la vera, fu fatta più tardi nel corso della giornata e dai veri agenti furono portate via lettere, armi, altre cose, supposte necessarie al processo. Ma niente; la mano era mia e malgrado le