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270 | la mano tagliata. |
Egli rilesse ad alta voce quella lettera amorosa e malgrado le follìe passionali che vi aveva accumulate, gli parve fredda e scialba. Fu lì lì per lacerarla: ma si fermò. Folle come era, quella lettera, sarebbe servita al suo scopo se John si fosse deciso a portarla a Maria, nella medesima notte. Non sapeva, ancora, Roberto, come avrebbe salvato quella donna; ma era certo di salvarla.
Aveva appena finito di rileggere questa epistola, quando bussarono alla porta della sua stanza e il detective entrò. Dick Leslie era appena appena riconoscibile in certi panni vecchi sdruciti, macchiati, con una camicia lacera e un cordone di seta nera aggrovigliato al collo, che fungeva da cravatta. Il naso di Dick Leslie era rosso oltremisura, come quello di un beone: e anche la bocca aveva una smorfia di ubbriacone.
— Buona sera a Vostra Grazia, — egli disse, con una voce pastosa e roca.
— Buona sera, Leslie. Siete perfetto, anche nell’orario.
— È Vostra Signoria che è imperfetto. Vuol venire così, in una taverna di Druray Lane?
— È mal frequentata?
— Pessimamente. Tutti ladri, pregiudicati, assassini, avanzi di galera. Se vi vedono così bene vestito, vi aspetteranno in un angolo di via, per togliervi il soprabito.
— Dunque?
— Cambiar vestito: il peggiore; una camicia sciupata. Togliete ogni gioiello, specialmente gli anelli. Le mani saranno sempre bianche e Vostra Signoria sembrerà sempre un lord.
— Avrò questa roba? — chiese a sè stesso Roberto Alimena, frugando in tutti i cassetti.
Infine, alla meglio, qualche cosa trovò: e innanzi a Dick Leslie che guardava, cambiò di abiti, mise una vecchia giacchetta da caccia, si ammac-