Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/39

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la mano tagliata. 33


sa se era incolume da ogni lavoro, così pura di forma, da parere statuaria, se non avesse conservato quel colore di carne così parlante, dirò. Delle leggiere fossette si delineavano, dove si articolavano le dita dal palmo e l’indice era più lungo, un poco, dell’anulare, il che indica perfezione di razza. Non era grassa e rotonda, come certe mani belline e stupide: nè magra, come certe mani troppo spirituali: nè abbattuta, come certe mani che hanno travagliato; nè troppo stretta da altre mani, con un aspetto d’innocenza, malgrado il lusso delle sue gemme.

Guardando bene gli anelli, si vedeva che, salvo il grosso smeraldo che aveva una legatura antica, quasi ieratica, tutti gli altri erano legati in forma moderna, come se fossero allora esciti dalle mani dell’orafo. E il braccialetto, sulla fascia di oro, portava tre parole scritte in caratteri greci, impresse profondamente nel metallo.

Esterrefatto, Roberto Alimena guardava la mano tagliata. Era notte altissima. Egli era solo, chiuso in quella stanza, con quella mano sotto i suoi occhi immobili.

II.

il vicolo del pianto.

Annottava: piovigginava. Per la via di Tordinona si facevano rari i viandanti. I fanali a gas, velati dalla umidità serale di Roma, da quella costante nebbia che si eleva dal Tevere che scorre sotto i parapetti di via Tordinona, appena appena fiammeggiavano, in quella luce gialla e triste che opprime.

Quasi tutte le botteghe di quel bizzarro, oscuro budello che è via Tordinona, botteghe piccole, nerastre, in massima parte di ferravecchi, di strac-