Pagina:Serao - Le amanti.djvu/20

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10 La grande fiamma


di cenere, il sole che invadeva tutta la stanza gaiamente, e quel cadavere dormiente, che riaprendo gli occhi, rabbrividiva ancora, come se ritornasse dal gelo di un sepolcro. Ogni mattina, sopra un piatto di argento, la cameriera porgeva una lettera. Ma già la maschera umana aveva velato la sembianza della povera febbricitante: ed ella stendeva la mano, con indifferenza, a prendere quella lettera, aspettava che la cameriera avesse spento i lumi, riacceso il caminetto, spalancato le imposte al sole, aspettava, intorpidita e immobile.

— Si sente male? — diceva la cameriera, guardando il volto bruno e smorto della sua padrona che ella amava.

— No: ho freddo — mormorava la padrona, stringendo la lettera d’amore nella mano sottile e agghiacciata, senza neppure guardarne la busta, come se fosse inutile aprirla.

La fanciulla devota le riassettava le molli coltri scomposte dall’insonnia, le rialzava i cuscini disordinati su cui era abbandonata la foltezza dei capelli neri,