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256 L'amante sciocca


— Non lo so: ma per loro, sono un’oca.

— Per loro, come per me, sei una bella, buona, cara donnina, ecco tutto. Vuoi dei complimenti, a quanto pare.

— Se sono un’oca per te, non voglio essere un’oca per gli altri — ella soggiungeva, assai più triste, convinta che Paolo Spada si vantasse della sua ocaggine.

— O cara ochetta sentimentale e mesta, cara piccola oca bianca e malinconica, finirai per rassomigliare a un cigno — diceva lui, con la sua voce sonora e pure velata che la seduceva, toccandone le fibre più recondite del cuore.

Avrebbe ella, forse, voluto allontanarlo da queste conversazioni, da queste dispute con questi amici dagli occhi stralunati, dalle ciere malaticcie, che fumavano la pipa, talvolta, o che erano in una perfetta tenuta da gentiluomo, in marsina, con la pelliccia aperta, col fiore all’occhiello, ma che avevano egualmente la ciera morbosa e gli occhi sognanti, quasi allucinati. Ma era un desiderio, niente altro: ella era fatta per seguire Paolo Spada in ogni suo