volgenti e incantatrici da cui le loro anime prese, legate, non si potettero svincolare mai più. E man mano le loro lettere andarono perdendo tutto quel carattere d’indefinito, tutta quella vaghezza di contorni, quel continuo agitarsi errabondo dello spirito, quella incoerenza di anime deliranti: la passione addossata al muro della realtà, era entrata in un periodo positivo, pratico, preciso. Ogni giorno, sotto la volontà inflessibile, sotto la doppia inflessibile volontà, il loro piano acquistava linea, colore, cifra; il suo aspetto di fatto si veniva così minutamente facendo reale, che già quasi quasi, per Grazia e per Ferrante, parea di vivere in quella realtà. Accanto a questi particolari definiti, matematici, dove la loro insofferenza si appagava, come per il fatto compiuto, ogni tanto, ma sempre più scarsamente, si veniva allogando qualche scoppio improvviso di frase amorosa: oppure una parola soltanto: Venezia. Anche l’aspetto degli amanti era mutato. Si eran fatti, nell’esteriore, freddi, risoluti, distratti in un pensiero o in un’azione, sempre occupati