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354 Sogno di una notte d'estate


— Abbiate paura degli uomini e non dei fantasmi, cara.

— È vero — ella soggiunse, umilmente.

Forse egli stesso, in quell’ora così tarda, in quella deserta campagna, dove sboccavano tante grotte di tufo dalle immani bocche nere aperte, aveva come un leggiero brivido di confuso sgomento. Erano presi dal malessere di chi ha vegliato una notte intera, in preda a una sovraeccitazione spirituale e fisica, e che ne esce stanco e infelice, malcontente di sè e del tempo che è trascorso. Ma durò questo sino a che furono arrivati alla dogana di Posillipo; ivi una carrozza da nolo, di quelle sgangherate con un vecchio ronzino sciancato, una carrozza di notte, infine, stazionava. Dormivano il cocchiere e il cavallo; non si risvegliarono che a metà, quando Massimo e Luisa vi salirono.

— Portaci a Monte di Dio — disse Massimo al cocchiere.

Costui, sempre sonnecchiando, domandò se doveva alzare il soffietto.

— Sì: fa freddo — rispose secco secco Massimo.