Pagina:Serao - Leggende napoletane, Roma, Perino, 1895.djvu/122

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118 Donnalbina,

cina esile e povera di forma, bruschi i moti, irrequieta sempre. Ora appariva indifferente, glaciale, gli occhi smorti, le nari terree, quasi la vita fosse in lei sospesa; ora si agitava, una fiamma le coloriva il volto, le labbra fremevano di baci, di parole, di sorrisi, l’angolo delle palpebre nascondeva una scintilla, scivolata dalla pupilla viva; ora diventava irritata, superba, il viso chiuso, sbiancato da una collera interna. Nei giorni d’inverno, quando la pioggia sferza i vetri, il vento sibila per le fessure delle porte, urta nel camino, del largo focolare, Donna Romita si rannicchiava in un seggiolone come un uccello pauroso ed ammalato; nelle caldissime ore di estate, non lasciava le ombre del giardino, errando pei viali. A volte rimaneva lunghe ore pensosa. Pensava forse di sua madre, cui le avevano detto rassomigliasse.

Pure, le tre sorelle menavano placida vita. Erano regolate le ore dell’abbiglia-