le cetere e le tiorbe in onore di Servilia sorella di Catone, moglie di Lucullo, bellissima fra le donne romane. Ivi danze festose, luminarie magiche, giuochi, banchetti, come solo Lucullo sapeva darne. Ivi profumi di nardo, coppe di nitido cristallo, nel cui vino generoso si scioglievano le perle: ivi toghe di porpora, pepli di bisso, gemme splendide, corone di rose; l’eterno cantico alla bellezza ed all’amore. Ivi accorrevano per riscaldarsi alla luce degli occhi di Servilia i giovanotti timidi che non osavano pronunziar parola dinanzi a lei, i gagliardi garzoni la cui parola superava d’audacia lo sguardo, gli uomini maturi e gravi che sorridevano ancora all’amore, i vecchioni che sospiravano la gioventù: e Servilia rideva, giovane e gaia, di questo incenso d’amore, rideva sempre, lusinghiera e crudele, come una sirena; e Lucullo, placido filosofo e ancor più placido sposo, godeva dei trionfi di Servilia. Egli amava le feste sontuose che durano dalla sera sino ai primi albori, i