Pagina:Serao - Leggende napoletane, Roma, Perino, 1895.djvu/185

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il cristo morto 181

v’è l’audacia del creatore che rompe ogni regola, e v’è il magistero di una forma eletta, pura, squisita. Quel corpo morto era poc’anzi vivo, si contorceva nelle angosce di un’agonia spaventosa, giovane e robusto si ribellava al male, si ribellava alla morte. Non vi era sfinimento, non vi era abbattimento: le fibre non volevano morire, il corpo non voleva morire. Ma sotto le pieghe del lenzuolo la testa ha un carattere stupendo: la fronte liscia ha un vasto pensiero; piangono gli occhi, è vero, pel cruccio fisico, ma le labbra schiuse hanno una traccia di sorriso che è una indefinita speranza. È vero, è vero, il dolore è passato dal corpo all’anima; è vero, l’anima è contristata, ma non è disperazione, ma non è desolazione. L’anima come la bocca è abbeverata di fiele, ma una goccia di consolazione vi è stata. Tutto quel Cristo è un dolore supremo, ma è anche una suprema speranza; ma il mistero di quella testa divina è così grandioso, ma l’ammirazione per la meravigliosa opera d’arte è così scon-