Pagina:Serao - Mors tua.djvu/267

Da Wikisource.

— 259 —

cameriere ed era alle sue spalle, nel corridoio, entrò nella camera, dicendo, dietro il suo fittissimo velo di cordoglio, che le discendeva sino alle ginocchia:

— Camillo, sono io: sono Magda.

Egli aveva fatto un passo indietro, innanzi a quella figura muliebre tutta coperta dai veli neri vedovili, i cui tratti non si distinguevano, dietro il crespo inglese: e rincontro che aveva tanto temuto e sino allora evitato, lo lasciava così turbato che non sapeva nè fare un gesto nè dire una parola. La sorella rialzò il suo velo e lo gittò indietro.

— Non mi abbracci, Camillo? Sono Magda.

Allora, egli l’abbracciò, se la strinse al petto, una, due volte, fraternamente: e mentre essa gli teneva la sua fronte sulla spalla, egli aveva levato gli occhi al cielo, quasi invocasse forza a quel colloquio, che, da tre mesi, egli sfuggiva con tutti i mezzi.

— Povera sorella cara...

E la guardò, nelle sue vesti di un nero opaco, nei suoi veli neri densi, coi suoi capelli che, sotto la cuffia nera vedovile, si erano tutti imbiancati, con quei suoi occhi che non aveano più quella espressione perplessa, ma parevano spenti, oramai, dalla estrema certezza. Pensò, Camillo Moles aveva due o tre anni meno di me, non ha ancora quarant’anni, Magda. E ripetette:

— Povera sorella cara...

— Perchè hai tardato tanto, Camillo? Perchè ti attardi, ancora?

— Non sai, Magda, che mi trattengono? Non te l’ho scritto?

— Sì, lo so. Ma non potevi distaccarti? Non avevi desiderio, di rivedere la tua povera sorella cara...?

Parlava, ella, con una voce eguale, un po’ monotoma: e fermava il suo sguardo atono, ove era passata la estrema certezza, su suo fratello.

— Magda, io ne avevo il desiderio doloroso, fortissimo...

M. Serao. Mors tua ... 19