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storia di due anime 167


fiammiferi da cucina, di legno, dalla capocchia di zolfo. Bisognava contentarsi, poichè gli era impossibile continuare la sua notte nelle tenebre.

Stringendo nervosamente la scatola, egli riattraversò la casa di cui, ancora una volta, ebbe come un ribrezzo triste, per il suo grande silenzio, per la oscurità in cui egli si aggirava, come un fantasma, per un silenzio che gli sembrava troppo profondo, per una oscurità che gli pareva troppo fitta.

— Povera Mariangela! — mormorò fra sè.

Rientrò nella camera da letto, smorzando di nuovo i passi, diminuendo quasi il respiro, per non turbare il riposo di Anna, sua moglie. La lampada spenta era collocata sovra un cassettone, a sinistra del letto coniugale, dal lato di Domenico: appoggiato al cassettone, egli strofinò due fiammiferi, prima di avere la fiamma fosforica e male odorante, tossì per il fosforo, e riaccese il lumino, sempre tenendo le spalle voltate al letto, cercando, per cautela, di nascondere le sue operazioni. Vide che l’olio non mancava e che il lumino era nuovo: esso si era spento, non da sè, ma dalla mano di qualcuno che lo aveva annegato nell’acqua. — Nella stanza si diffuse un pallido chiarore. Domenico si voltò verso il letto. Esso era vuoto, deserto. Anna non vi era. Egli si accostò di più, per vedere meglio. Il letto era deserto e vuoto: Anna non vi era. Si avvicinò moltissimo, toccò, con le mani, le coltri un po’ rimboccate donde la donna si era levata, toccò l’origliere, in un incavo rotondo donde la testa della