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16 storia di due anime


poichè essa ne riassume tre o quattro, quella del plasmatore, dello stuccatore, del doratore e del pittore, quest’arte curiosa e pia, si trasmetteva, di padre in figlio, con ostinazione ereditaria, da forse duecento anni. Un antenato Maresca, quello che sembrava il capostipite di questa famiglia popolana di artisti, aveva avuto bottega, in quel singolarissimo vicolo di san Biagio dei Librai, ove non si traffica, non si vende e non si compra, cioè, che di oggetti di santità, quadri, statue, presepi, ogni sorta d’immagini, argenteria e chincaglieria sacra, dallo scintillante ostensorio, all’ex voto di cera, dai rosari di lapislazzuli a quelli che costano due soldi. I Maresca venivano di là: ma, di generazione in generazione, si erano allontanati, diffusi verso il Divino Amore, verso il Corso di Napoli, verso San Giovanni Maggiore e, infine, quasi sulla soglia della Napoli nuova, della Napoli rifatta, verso santa Maria la Nova, alla Madonna dell’Aiuto. Uno di essi, Ferdinando Maresca, verso il principio del secolo aveva, anzi, acquistato una bella rinomanza, come scultore e pittore di pastori, le piccole statue, talvolta opere d’arte, talvolta ricchissime, che servono a popolare i Presepi delle grandi famiglie divote o, semplicemente, amanti del lusso e dell’arte. Don Ferdinando Maresca aveva venduto dei pastori al Presepio della regina Maria Carolina e, forse, nelle collezioni della Reggia di Capodimonte e di Caserta, vi sono ancora dei Re Magi, dei mendicanti, delle zingare, dovuti alle sue mani sapienti. Questa gloria della umile discendenza dei Maresca era, però, tra-