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182 storia di due anime


rossetto, con gli occhi dipinti, sotto, e le leggiadre palpebre, un tempo rosee e trasparenti, cariche anch’esse di un bistro azzurrino: e disegnata, col rossetto, la piccola fragola presso il mento, non più come un tempo, come una voglia, ma come un artifizio d’ignobile seduzione; e torbidi gli occhi, sempre torbidi, tristi, rassegnati, quasi servili, traversati, talvolta, da onde di collera servile, da onde di lagrime servili e inani.

Ella si curvò sull’uomo assorto e, chetamente, lo chiamò:

— Domenico, Domenico!

Egli non udiva, forse, o giaceva in torpore doloroso.

— Domenico, sono io, Fraolella, Domenico! — ella mormorò e poichè gli pareva di veder trasalire quella massa abbattuta, delicatamente, gli prese le mani, gliele distaccò dal viso, lo forzò dolcemente a guardarla, a riconoscerla.

E nel guardarla, nel riconoscerla, il cuore di Domenico Maresca si franse: egli scoppiò a piangere singultando, balbettando, torcendosi le mani:

— Gelsomina... Gelsomina... hai visto, che mi è successo?.. hai visto, che mi hanno fatto?.. mi hanno ucciso... mi hanno assassinato...

— Poveretto, poveretto, poveretto!... — diceva lei, a bassa voce, ritta innanzi a lui, lasciandolo piangere.

— Gelsomina... Gelsomina... perchè Anna non mi ha ucciso? Era meglio una coltellata nel cuore... era meglio uccidermi... era meglio...