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18 storia di due anime


di cresima, adibito ai servizi infimi della bottega, imparava già a macinare i colori, a impastare la biacca, a mesticare, a preparar forme e pennelli, così, anche lui, piccino, appresso a suo padre, aveva imparato la sua arte. Un po’ di scuola elementare; un po’ di scuola di disegno; ma sempre in bottega, giorno per giorno, anno per anno, con una istruzione lenta, costante, pratica, sempre la medesima, non uscendo dalle regole tradizionali della pittura dei santi, regole fisse, immobili, strane, di un arcaismo mistico singolare, con un sapore ingenuo di leggenda primitiva, con una espressione dommatica venuta dall’insegnamento degli antichi. Qual Maresca, mai, avrebbe osato fare la statua di sant’Antonio abate, l’austero penitente della Tebaide, senza mettergli accanto, in segno di umiltà, o, in segno della tentazione vinta, la testina di un maialetto? Qual mai Maresca avrebbe tentato di fare una santa Lucia, senza metterle, nella mano destra, la piccola coppa di argento ove nuotano i suoi due occhi, ed ella vede, intanto, vede coi suoi stellanti occhi aperti, sotto la bianca fronte? Qual mai vero e schietto pittore di santi, venuto da una lunga discendenza di pittori, avendo ereditato tutti i dettami più assoluti della sua arte, avrebbe tentato di non mettere la piccola santa Barbara fra le folgori e le saette di argento e di metallo argentato? Tutto ciò era parto della coscienza dell’artefice: come l’azzurro degli occhi di san Giovanni Evangelista, colui che dormì sul petto di Gesù, come il fulvo dei disciolti capelli di Maddalena, come il roseo delle