Pagina:Serao - Storia di due anime, Roma, Nuova antologia, 1904.djvu/28

Da Wikisource.
26 storia di due anime


centesimo. Don Domenico mio, voi siete un signore, ma ascoltatemi bene, non vi maritate mai!

— E voi, perchè vi siete maritata? — disse, con un fiacco sorriso, il pittore dei santi.

— Che volete, fu una stupidaggine! Io ero stata sempre ragazza di chiesa, mi chiamavano la bizzochella, mi volevo fare conversa a Regina Coeli e poi monaca, se ne ero degna: il Padre Eterno non mi ha voluta. Io vidi Pasquale, Pasquale vide me, non avevamo un soldo, nè io, nè lui, salvo la gioventù, la voglia di lavorare e la religione. Ah che sbaglio, che sbaglio! Non vi ammogliate, don Domenico, vi parlo come una madre.

Egli tacque, pensoso. Da qualche momento non lavorava più, vinto, forse, dalla stanchezza, da quel peso sulla testa che faceva vacillare, talvolta, il suo cranio troppo grosso. Si appressò alla sarta dei santi, così querula nella sua onesta e laboriosa miseria, così disfatta dalla sua esistenza, e le chiese:

— Mi avete, poi, portata la veste di santa Rosalia, col manto? Io ho da mandarla a Palermo, santa Rosalia, a un monsignore.

— Non l’ho potuta finire, don Domenico mio — mormorò ella, a voce bassa. — Questa giornata ho avuto tali e tanti malanni addosso, con questa gravidanza, col mio Gaetanuccio che ha la tosse convulsiva e, certo, la darà agli altri. Domani sera ve la porto, don Domenico. Solamente... questa sera... voi mi dovete aiutare... — E abbassò ancora la voce, vergognandosi di quella faccia verde e chiusa del basilisco Gaetano Ursomando, che segui-