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storia di due anime 31


— Vado alla Congregazione di Spirito. Vi è la novena della Immacolata.

— Ti vuoi fare santarella, Gelsomina?

— Oh no! — disse la soave voce, con un profondo sospiro, pieno di rimpianto, pieno di rammarico.

— E perchè no?

— Perchè... perchè... perchè! — soggiunse la donna, la giovine, con un accento enigmatico, pieno di malinconia.

— Di’ una preghiera, per me, Gelsomina — replicò Domenico, facendo per rientrare nella bottega.

— La dico, la dico. Buona sera; dopo la Congregazione, Mimì, vengo a darti la buonanotte.

E la figurina di donna se ne andò, col suo passo lieve ma non rapido, verso il portoncino della Congregazione di Spirito, vi sparve. Il pittore dei santi era rientrato in bottega, aveva chiuso la porta, e come ristorato dall’aria fredda bevuta, fuori, aveva ricominciato a lavorare, assiduamente, intorno al suo san Michele. Il taciturno stuccatore, accanito alla fatica, appena levava il capo, mentre le sue mani sozze di biacca, di colori, di argento, andavano, andavano, sopra le scaglie rotonde dell’armatura del cherubino. Quasi un’ora passò, in un lavoro muto e assiduo, senza che nulla e nessuno venisse a disturbare il pittore dei santi e il suo compagno di lavoro. Erano, forse, le sette, quando stridette di nuovo la maniglia della porta, e la vetrata, aprendosi, lasciò il passo a un uomo, che, subito, richiuse cautelatamente la porta.

— Buona sera, signor Maresca.