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222 | il quarto d’ora di rabelais. |
un tavolinetto carico di tavolette di caratteri composti, e litigava col proto espandendo la sua loquacità napoletana a piena bocca.
“Siamo in tempo?” domandò Joanna.
“È un po’ tardi,” disse il proto; “il signor Malgagno non finisce più.”
“Va bene,” disse Joanna indifferente, restituendo la pagina al proto, e domandò a Paolo Stresa che entrava in quel momento, molleggiante sulle sue lunghe gambe, dondolante la testa impomatata civettescamente:
“Piove sempre?”
“Non tanto,” disse Stresa.
“Io me ne vado,” disse Joanna.
“Addio, formosissimo giovine,” gridò Bagatti dal mezzo della stamperia.
E mentre Joanna se ne andava, il proto gli si appressò, e gli disse:
“Il contabile della tipografia desidera di parlarle.”
Nel camerotto a vetri, ordinato e tranquillo in mezzo al rombo tumultuante della stamperia, il contabile si teneva davanti i suoi registri e i suoi libri di commercio ben rilegati, uno sopra l’altro. Il piccolo uomo freddo con la barbetta bionda e gli occhi gialligni, tirava delle linee oblique seguendo con la penna il filo d’una riga di ferro sotto colonne di cifre