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338 | una catastrofe. |
“E perchè?”
“Mah.... l’idea del duello mi esalta.”
“Io non ne fo più.”
“Già: ne ha fatti tanti!”
“Non per questo. Un duello, dove ferite l’avversario, costa almeno trecento lire: dove siete ferito leggermente, ne costa seicento: se la ferita è grave, allora ci vogliono due o tre mila lire. Troppi quattrini: non mi batto più.”
Avevano anche preso il cognac: Riccardo Joanna ne aveva bevuto due bicchieri, un lieve calore era salito al suo volto scialbo, una certa vivacità aveva dato un’attrazione ai suoi occhi smorti.
“Andiamo in ufficio: forse Sua Eccellenza avrà risposto,” mormorò, con una dolcezza nuova nella voce.
“Ma Agabito non sarebbe venuto?...” osservò Antonio Amati.
“Forse Agabito mi cerca dappertutto.... andiamo in ufficio.”
E furono subito in quella Via di San Dalmazio stretta e sinuosa, a quel terzo piano tetro e nudo. Agabito era seduto in anticamera e con un forbicione tagliava le fascette dei giornali.
“Vi è nulla, per me, Agabito?”
“Nulla, signor cavaliere. Vi è di là il signor Casiraghi.”