Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/58

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“Non so, papà,” rispose il figliuolo, mettendo sul pesce, invece della salsa, una quantità di olio e di limone.

E quando Peppino venne a portar loro il pezzo grosso, sette od otto ostie sottili di carne rosea arrostita, con un contorno multicolore e artistico di carote, pastinache, cocozzelli, fagioletti freschi e fagiolini ancora verdi, tutti commossi e soddisfatti innanzi a questa tavolozza ingegnosa del cuoco, non chiesero neppure al cameriere che fosse il pesce. Di nuovo, mangiavano in silenzio, Riccardo rosicchiando i suoi grissini, Paolo divorando la carne che doveva rinnovare le sue forze cerebrali e tenerlo pronto al lavoro dell’indomani: sulla sua faccia una novella serenità andava discacciando la stanchezza, l’accasciamento: il viso scialbo si coloriva leggermente sotto l’influenza riparatrice del cibo e del vino. Paolo cominciò a guardare intorno con interesse, con benevolenza, come l’uomo soddisfatto che prende in considerazione il mondo esterno e comincia a non trovarlo molto cattivo. In questo il signor cavaliere, il proprietario del Tempo, entrò e si diresse verso l’agente di cambio che si alzò subito, premurosamente, e con cui intavolò un fitto colloquio, a bassa voce. Il signor cavaliere non aveva più quella sua aria di bonzo, di grasso idolo indif-