Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/88

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78 la grande giornata.

cuore, dopo il discorso fatto col giornalista. Quello gli aveva dato del cretino, apertamente: e alla malinconia un po’ di rancore si univa. Che credevano, questi signori giornalisti, di essere una specie rara? Un articolo, su per giù, lo fa chiunque. E questo rancore, questo dispetto crescendogli nell’animo solitario, lo tormentava: una sera comprò della carta, e macchinalmente la tagliò in cartelle, come aveva veduto fare a suo padre: gli parve di sentirsi passare un soffio sul viso, si fermò, trasecolato, chiudendo gli occhi, vedendo apparire nella fantasia un volto cereo, con gli occhi socchiusi, le labbra violette. Lasciò tutto, spaventato, uscì di casa, perseguitato da un’idea, da un’ombra cara e dolente, da una voce rauca che gli diceva: se mi vuoi bene.... se mi vuoi bene.... Entrò nel Caffè Cavour, a Piazza Colonna, dove non andava mai. Si voleva sottrarre a quella persecuzione. Si unì a uno studente, due impiegati, un cronista di giornale che sedevano a un tavolino, discutendo di politica. Lo studente era collerico, gli impiegati erano flemmatici: il cronista crollava il capo, gravemente, contraddicendo tutti; Riccardo taceva. Poi il cronista parlò a lungo, sottovoce, nominando familiarmente il Minghetti e il Visconti-Venosta, riferendo un colloquio del Re col Sella — e