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Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. I, 1972 – BEIC 1924037.djvu/211

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novella xlvi 211


Divenne che nacque discordia tra Pompeo, grande romano, e Cesari, simile grande in Roma. E doppo il molto contastare, Pompeo morto, e Cesari fattosi principi e’ l’imperio di Roma a sé atribuìo. E volendo il tesoro di Roma rubare o vero prendere, con scure li chiavacci della Tarpea tagliando et aprendola, lo romore si sentìo.

Al quale uno Romano nomato Metello, omo di bassa mano e non ricco, avendo una delle chiavi avuta dal senato di Roma, sentendo i’ romore della Tarpea subito corse là. E in sulla porta messosi con una spada in mano, dicendo: «Io vo’ vedere qual vuole esser quello che il tesoro del comune voglia rubbare. Per certo io lo difenderò, e amo più tosto di morire che dir si possa: ‘Metello ha lassato rubare il tesoro’»; Cesari, che quine era presente, disse: «Metello, pensi tu poter tal tesoro difendere?» Metello disse: «Sì, però che la mia volontà sera più forte che la tua potenzia. E posto che tu m’uccidi ne son contento: almeno la mia memoria sarà innelle croniche di Roma messa e la mia morte esaltata». Cesari disse: «Tale memoria non arà luogo al presente». E comandò che fusse preso e levato dalla porta senza offenderlo. E così fu fatto.

Cesari, rubato il tesoro, in sua utilità lo convertìo.

Ex.º xlvi.