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Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. I, 1972 – BEIC 1924037.djvu/362

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LXXXIII


Giunti colla dilettevole novella a Benevento, là u’ la sera dimoronno a cena, et acciò che non si lassi parte del modo usato, com’ebero cenato il proposto comandò a’ cantarelli che sotto voce soave si canti alcuna canzonetta. Loro presti disseno:

«Amor, mira costei nuova nel bruno
e fà che ’l cuor di lei col mio sia uno.
Possa che morte tolto m’ha il signore
crudele in quel piacer ov’io disio
e mosse per pietà pietà amore,
deh, muova <te> per me ch’ognor sospiro,
con dir: ‘Non vo’ di giovana il martire,
ché per te il servo a cui il servir dé uno’».

Et andati a dormire, fine alla mattina di buona voglia dorminno. E come funno levati e veduto il Nostro Signore, <il proposto> rivoltosi a l’altore dicendoli che una novella dica fine che a Salerno saranno giunti, l’altore disse: «Volentieri direi una moralitá prima». Lo preposto contento, l’altore disse:

«Non fu crudele quella romana Tulla,
che su pel dosso al padre
montò col carro del morto marito;
né di Neron fu a rispetto nulla,
quando sparar la madre
fe’ viva per veder d’ond’era uscito,
quanto costui al crudel apetito