Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. II, 1972 – BEIC 1925048.djvu/259

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novella clvi 757

ocupata. E quando <a> Tamaris reina parea tempo di potere quello membro tener in mano, non potendolo ripuonere o almeno vederlo, chiamando Martino si confortava, e dall’altro lato li crescea il dolore che a suo modo non lo potea adoperare.

E vedendo Astech re che la sua donna non prendea alcuno conforto, pensò di quinde volersi partire et in galea montare, dove pensava che ella si concerè’, dicendoli: «Donna, per certo questa aire ti dé aver fatto alquanto noia, e pertanto io vo’ dare ordine che noi di qui ci partiamo». La donna, che non avea quello volea, disse: «Deh, marito mio, io ti prego che di qui per oggi non ci dobiamo partire, che se caso di me alcuno venisse, almeno i pesci non abiano queste mie dilicate carni, ma in uno monimento nuovo morendo vo’ mi sopellischi, come vegio che in questa terra molti gran signori sì sono soppelliti». Lo re disse: «Donna, io sono contento di restare, ma io non penso che la malatia tanto t’abondi che morir debbi; di che se pur esser dovesse (che non vorrei), mi piace il tuo consiglio».

E così stando, la reina fe’ chiamare Martino, dicendo: «Io veggo che ’l disiderio mio e tuo non si potrè’ mai adempiere stando in questo modo; e però, poi che insieme non possiamo far nostra volontà, ti prego che procacci che io abbia quel beverone che paia che io morta sia, et io sosterrò ogni pena solo per qui rimanere. E fà che uno monimento nuovo sia fatto per modo che alquanto isfiatar possa. E partitosi il mio marito et andato alla sua via, me del monimento la notte strettamente trarrai, e di me potrai aver diletto et io di te». Martino, che ciò ode, fu il più contento omo del mondo, e disse: «Tamaris reina, i’ ti prometto che tutto ciò che vuoi che io faccia farò prestamente, et il monimento mio, nel quale persona ancora non è messo e ’l quale è bello sopra li altri, meterò in punto, e come te n’arò cavata vo’ che mia moglie dimori». La reina disse: «Cotesto m’è sommo piacere, pur che tosto sia, che lo ’ndugio mi tormenta».

Martino, subito auto certo beveragio et alla donna reina portatolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

<Ex.º clvi.>