Pagina:Sermoni giovanili inediti.djvu/100

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96 sermone decimo.

     Entro a proprio confin, chè ad arte obblia
     130Chi di giustizia e caritade il nome
     Spesso coi detti e più coll’opre offende.
     Il principio, l’effetto, il pregio e i doni
     De’ facili commerci indaga e scopre
     La dottrina economica, che mostra
     135Come al bene dei singoli risponda
     Il ben di tutti allor che in dolce metro
     Coll’utile l’onesto si accompagni.
L’arbor della scïenza in cento rami
     Si parte, e ad uno ad un la corta nostra
     140Vista li cerca e li contempla. Spesso
     Del suo soggetto in forma s’innamora
     Il borioso alunno, che disprezza
     Degli altri il vanto e l’eccellenza nega.
     Folle presunzïon, che de’ tranquilli
     145Studi sconvolge l’ordine stupendo,
     E ne muta l’armonico concento
     In suon discorde di stridenti note.
     Ma pur diremmo, che a se stesse fine
     Son tutte cose, e che son mezzo al fine
     150A noi prescritto quale ultima meta.
     Chi non ha dell’error la testa cinta
     Col fine il mezzo non confonde: il saggio
     Esempio imita e il tuo cammin prosegui.
Dell’offerta la legge e dell’inchiesta
     155Alle merci, ai profitti ed ai salari,
     Volubile tiranna, i prezzi détta.
     Di servigio maggior è certo segno
     Delle affollate turbe il chieder alto:
     Ma del contrario fa non dubbia prova
     160Il poco domandar con voci basse.
     Se cento artigianelli a me le braccia
     Inoperose stendono, chiedendo