265Le menti illude con blandizie false;
E scrive all’opra e alla mercede un dritto,
Che ogni potenza eccede, anzi follia.
Quale e donde l’effetto? A ognun si tolga,
E rendasi ad ognun meno del tolto; 270Mirabile portento, onde le chiavi
L’impeccabile fisco in mano tiene.
Stolta dicemmo, baldanzosa e vana
La legge, che da fonte inaridita
Promette lo sgorgar di perenni acque. 275Ma più che vana, baldanzosa e stolta,
Iniqua fôra, se i beati lucri
Dell’officina al reggitor sovrano
Certi rendendo, un obolo poi niega
Al tapinello, che dall’alba a sera 280Indarno suda a sazïar la fame
Dei figlioletti pallidi e digiuni.
Di riposato vivere civile
A noi doni godere, al santo regno
Di giustizia e di pace, il tuo decreto. 285E gl’importuni vincoli disciolti,
Che fûro intoppo lungamente al piede,
Ognuno intenda libero e sicuro
Alla meta, che varia il Ciel prescrive.
Ma di giustizia e libertà non basta 290Il benefico raggio a far che giorni
Sorgan più belli alle dolenti turbe.
D’ozio, di colpe e di miseria madre
È l’ignoranza; e una fatal catena
Di sciagure, di vizi e di delitti 295S’intreccia sì, che guardi e cerchi e spesso
Dal primo anello l’ultimo non scerni.
L’uomo sovente del suo male è fabbro
A se medesmo, il so; ma pur ripenso,