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Pagina:Sermoni giovanili inediti.djvu/104

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100 sermone decimo.

     265Le menti illude con blandizie false;
     E scrive all’opra e alla mercede un dritto,
     Che ogni potenza eccede, anzi follia.
     Quale e donde l’effetto? A ognun si tolga,
     E rendasi ad ognun meno del tolto;
     270Mirabile portento, onde le chiavi
     L’impeccabile fisco in mano tiene.
     Stolta dicemmo, baldanzosa e vana
     La legge, che da fonte inaridita
     Promette lo sgorgar di perenni acque.
     275Ma più che vana, baldanzosa e stolta,
     Iniqua fôra, se i beati lucri
     Dell’officina al reggitor sovrano
     Certi rendendo, un obolo poi niega
     Al tapinello, che dall’alba a sera
     280Indarno suda a sazïar la fame
     Dei figlioletti pallidi e digiuni.
Di riposato vivere civile
     A noi doni godere, al santo regno
     Di giustizia e di pace, il tuo decreto.
     285E gl’importuni vincoli disciolti,
     Che fûro intoppo lungamente al piede,
     Ognuno intenda libero e sicuro
     Alla meta, che varia il Ciel prescrive.
     Ma di giustizia e libertà non basta
     290Il benefico raggio a far che giorni
     Sorgan più belli alle dolenti turbe.
     D’ozio, di colpe e di miseria madre
     È l’ignoranza; e una fatal catena
     Di sciagure, di vizi e di delitti
     295S’intreccia sì, che guardi e cerchi e spesso
     Dal primo anello l’ultimo non scerni.
     L’uomo sovente del suo male è fabbro
     A se medesmo, il so; ma pur ripenso,