210Miracoli dell’arte; e il passo io volgo,
Artigianello umíle, alla tua stanza,
Che al re de’ regi Agamennóne invidia
Certo darebbe. Il trasparente vetro
A te non fura il bel giorno sereno; 215E le notturne tenebre rischiara
La vivida lucerna. Al desco siedi,
Nè delle dita fai la tua forchetta;
Non il forbito calice ti manca,
Nè la monda stoviglia. Il fuoco attizzi 220Sotto la cappa, e il fumo apresi un varco
Nelle disposte canne. Il bianco lino,
Ed il morbido drappo alla persona
Sono vesti, ristoro ed ornamento.
Sotto a tiepide coltri il fianco posi, 225E gli opposti ripari agli occhi schermo
Gradito fanno. Un facile volume
A te si porge, se la bieca turba
Per maligno sospetto e per paura
Non tel divieti; e tardi se ne penta. 230I costumi, i compensi ed i giudizi
Mutan con gli anni, e al volger della ruota
Tu immobile ti credi e intorno giri.
Alla condizïon della fortuna
Ancor si guardi; e dagli aurati cocchi 235Tu non vorrai che il satrapo discenda,
che la rivendugliola s’ammanti
Di seriche gualdrappe. Il tempo, il loco,
Il quanto e il quale pur fan manifesto
Se intatto serbi un granellin di sale, 240O il tuo cervello a noi sappia di sciocco.
Splendon astri maligni; e tu crudele
O vano, inconsapevole od inerte,
Alla turba famelica ricusi