95Dunque che fare? I tralignati succhi
Corregge in tempo con felice innesto
L’accorto agricoltore, e le paterne
Cure volgendo ai teneri virgulti,
Con provvidi sostegni il mal securo 100Fusto sorregge delle annose piante.
Tale, e sia lode al ver, m’offre gradita
Immagine la schiera avventurata,
Ch’alla negletta povera e derisa
Plebe dispensa il pan dello intelletto; 105Sia che dall’ozio vile o dalla turpe
Mendicitade ad operose e belle
Usanze confortevoli la tragga;
O il gelato sudor dall’egra fronte
Le terga a lato all’umile giaciglio; 110O nell’oscuro carcere scendendo
Le antiche colpe ad emendar le insegni
Là donde un tempo a nove colpe instrutta
Uscía più fiera a minacciare il mondo.
Di fanciulletti laceri e digiuni 115Qual turba è questa, che di porta in porta
Batte chiedendo pane; e se le amare
Pur non soffra repulse, a poco a poco
Perde le grazie timide e pudiche
Onde infiora le guance, e più gentile 120Si rende agli atti, al guardo, alle parole
In quella prima età che è tanto cara?
Forse padre non han, non han la madre
Questi orfanelli miseri che vanno
Qua e là vagando, a perigliare esposti, 125E cogli occhi beendo e cogli orecchi
Un rio velen che lento lento uccide
L’anima semplicetta? O forse tutti
Ad ogni senso di pietà siam muti?