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194 sermone ventesimoquarto.

     Non volgesi l’età, che non perdona
     A chi non sa come di nova vena
     Il pallid’oro si derivi, o come
     30Quasi tremula foglia lieve lieve
     Uomo secondi l’alitar del vento.
All’un, ch’agile e pronto a destra e a manca
     Innanzi e indietro scambiettando salta
     Al tintinnar dei lucidi sonagli,
     35L’altro, che a guisa sta di rupe immota,
     Se alle parole e al portamento credi,
     Bieco sogguarda; e con secura fronte
     I turbini invocando e le procelle,
     Attende che dall’onda furïosa
     40S’aprano i fianchi alla sbattuta nave,
     Ed ei ne aggrampi l’agognata preda.
Dei templi, delle sale e dei teatri
     Si schiudano le porte. Innanzi all’are,
     Spettacol venerabile alle genti,
     45Questi pago non è se non comincia,
     Tre volte percotendosi sul petto,
     La sua giornata, e non la compie a sera
     Senza che nell’altrui fama di piglio
     Dato abbia o nell’avere, e non sen vanti
     50Quasi ministro dell’ira di Dio.
     Quegli il capo scotendo, e col cipiglio
     Di rigido censor, varca le soglie
     Al volgo sacre, e le devote usanze
     Sprezza del volgo, e d’amistade in pegno
     55Dal cor gli strappa la radice prima
     D’ogni suo bene e nostro. A degna impresa
     Col consiglio e coll’opra il saggio intende,
     Mentre da larve ipocrite disgombra
     Del santo vero il sempiterno raggio,
     60Che illumina, conforta e rassicura