E in un l’ufficio riserbato a mille.
D’una le mille compiran l’uffizio
Invece allor che avidamente serbi 200Ciascuno troppo del fatal metallo
Ai baratti possibili e futuri
E incerti forse, onde i presenti e certi
Vengono manco, perchè rotto è il nodo.
Che gli alterni tra loro e li congiunga. 205Della moneta e della merce i segni
Quel nodo ricompongono soave;
Ma non t’illuda la speranza vana,
Che a te sia dato di cacciare in bando
Il metallico disco ad usi molti 210Addetto sempre, ove la fede langue,
O più dell’aspettar giova l’effetto,
O del mercato in bilico non torna
La bilancia che d’oro al pondo cede.
Pondo grave e molesto allorchè fuori 215Recarlo è forza della patria cerchia,
Mentre con tema movi e con sospetto
Di loco in loco affaticato il passo.
Ma un rapido di cose ordin succede
Coll’intreccio, di cui le prime fila 220Forse tesseva il profugo Lombardo,
O l’odïata razza d’Israele,
Che alle fortune sue schermo faceva
Contro gli artigli delle genti ladre.
Dal franco lido veleggiando salpi 225La nave che di ninnoli vezzosi
Il pregio porta, ed il vantato umore
Che infurïando i calici riempie
Di lieve spuma, e la baldanza imita
Di chi stampa nel fumo i suoi vestigi. 230Giunta al porto britannico, depone