Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
354 | scritti di renato serra |
del pensiero bisognerebbe forse fermarsi su questi punti; ma è una attività, e questa è sempre viva, e può esser più intensa, quando è più silenziosa e raccolta in termini modesti.
Nel Croce come attività c’è qualche cosa che trascende sempre il crocianesimo; intendiamo quella certa comodità e scolasticità di formule, di distinzioni e di risoluzioni, che annulla quasi tutti i problemi in un solo, e nega e sopprime le difficoltà nuove nell’atto stesso che si propongono; questa disposizione si ritrova esagerata e meccanizzata negli scolari, ma è ben visibile anche in lui, nell’uggia di quel sorriso calmo e viso lieto, per cui non esistono più problemi nell’universo, ma soltanto l’onesto divertimento di risolverli; e l’oggetto della nostra impazienza o magari della nostra angoscia morale ancora non è veduto da lui, che già è diventato, quasi per ordinamento inevitabile e predisposto, un gioco di termini e di formule, tanto chiare da parer vuote.
Questa attitudine del Croce si sente nella polemica, e oggi forse meglio di ieri; le lezioni che egli ha dato, e che si compiace di dare a certi giovani (Borgese, Papini, Boine e via via) hanno spesso qualche cosa di antipatico e un po’ chiuso, come un castigo che non si cura affatto della salute dell’anima a cui si rivolge, e sopra tutto un pretesto per aggiungere una cosina che non aveva trovato posto nell’ultima edizione del volume grosso (del resto anche la generosità intellettuale del Croce, che pur è stata così benefica, ha avuto spesso un carattere di impersonalità indifferente e quasi superficiale nella sua larghezza; e oggi poi c’è qualche cosa in lui, come colore psicologico, chiuso, meno fidato; più lontano insomma; come appunto si diceva cominciando). Anche la pole-