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meglio le questioni teoriche e glandi, come posson essere date da un De Sanctis e da un Carducci, che non i piccoli problemi delle persone vive e minori.
Dopo queste eccezioni, ci potremmo risparmiare di fare altri nomi. La maniera domina, impersonale e tranquilla. Si impone anche, fino a un certo punto, a quelli che abbiamo indicato genericamente come professori, a quelli che hanno giù una certa autorità e meriti di lavoro proprio in altri campi, ma che non sanno conservarli quando si accingono alla critica vera e propria; e si adattano, più o meno abilmente, alla moda; siano essi specialisti di letterature classiche o medievali, professori giovani o vecchi eruditi.
Fermiamoci alla critica letteraria.
S’intende che le nostre impressioni sono affatto indirette e di scorcio: il lavoro speciale che questi, molto spesso valenti, uomini, compiono nelle cattedre e nelle accademie e insomma nel loro ufficio, tanto come maestri quanto come investigatori e studiosi, non riguarda il pubblico, che non se ne accorge e sarebbe anche incompetente ad apprezzarlo. C’è tuttavia una parte di quel lavoro e certi aspetti di quelle personalità che possono arrivare sino a noi, in quanto trascendano il loro campo speciale, o come valore letterario vero e proprio, o come valore di attualità. Di ciò possiamo parlare.
Per quanto si vede, sussiste ancora in parte tra i professori, lo stato di cose della generazione precedente; in cui un certo tipo che si diceva scientifico, rappresentato nella sua utilità e nella sua angustia dal Giornale Storico, si opponeva recisamente alla cosidetta letteratura amena; e il più meschino degli eruditi si permetteva di di-