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quindici mesi a disposizione della polizia 131


bacchetta: quegli conta, giunge a cinquanta, e ricomincia da uno. Spesso sbaglia; e si rifá la conta, e senti dire: «Ce n’è uno soverchio». «Ammazzalo, e ti trovi». Dopo la conta della sera si chiudono i cameroni e le stanze.

Nella stanza numero cinque noi non avevamo altro che i letti, una lucerna, un vase immondo: non una seggiola, non un tavolino: il letto serviva per dormire, per sedere, per mangiare, per scrivere, come in criminale. La finestra, volta a settentrione come le altre, riguarda dirimpetto la chiesetta di Sant’Onofrio ed il quartiere de’ gendarmi, che fu antico conservatorio di musica, dove furono i vecchi maestri Leo, Jommelli, Francesco Durante. A questa finestra non si poteva stare, non solamente perché il sole nella state si riflette molesto dalle case dirimpetto, ma perché dal carcere inferiore saliva un puzzo stomachevole come di vescicante, un puzzo di carne umana corrotta, un puzzo che non può avere altro nome che puzzo della Vicaria. Nel carcere inferiore erano stivati gli uomini come bestie, nudi, lordi, senza neppure i farti dove giacere: e ad ogni finestra del carcere inferiore c’erano uno o due che ad alte voci e lamentevoli cercavano limosina ai passanti, e tenevano per una cordicella legata ai ferri, una fiscella di giunchi. Sulla sponda della via facevano mettere molte figure di santi e di madonne, con sopra alcune pietre per non farle portar via dal vento. Chi voleva far limosina deponeva una moneta sopra una figura, la sentinella la prendeva e la poneva nella fiscella pendente, che subito era tirata su. Quelle limosine, che non erano poche perché i napoletani sono pietosi e dánno ad ogni apparenza di sventura, non servivano né a sfamare né a ricoprire i disperati ma andavano tutte in mano ai camorristi che davano la mancia ai custodi, e qualche cosa al carcerato che non era veramente bisognoso ma faceva quel mestiere per acquistar grazia presso i camorristi e per lucrare qualcosetta. Quest’uso di far chiedere la limosina ai carcerati oggi non c’è piú, ma allora c’era fra tante altre vergogne che ci erano: anzi io ricordo che a Caserta andavano per le vie due carcerati ammanettati e seguiti da un soldato armato