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quindici mesi a disposizione della polizia 137


Vomero’. ‘Moglie? se mio figlio è prete!’ Il vecchio fece un rumore grande, venne da me tempestando per modo che la polizia seppe tutto, e condussero me qui e quella poveretta in casa la mamma». Tutti quanti prendemmo a voler bene al Pellicano, che in fondo non era altro che un innamorato cotto e disfatto, ed un uomo amoroso con tutti. Stette in carcere un pezzo, finché con danari non fece piú parlare del falso nel matrimonio, ed assegnò una pensione a la donna, ed egli dovette andare agli esercizi spirituali in un convento di frati; ma indi a poco tempo morí di crepacuore.

Giá passava un anno dal giudizio, e ne sarebbero passati ben altri se mia moglie non parlava al re, come ho detto: gli parlò ancora Pasquale per suo fratello, e gli diede una supplica in Castellammare: e il re mandò le suppliche al ministro, e dissegli che non voleva piú di queste noie. Si cominciò dunque a parlare che tra breve saremmo usciti, anzi venne un commessario di polizia a darci questa notizia, ma ognuno doveva tornare nella sua patria, nessuno rimanere in Napoli. Io dissi: «La patria mia è Napoli». «Napoli non può essere». «È: e se non credete a me mandate al municipio ed avrete la mia fede di nascita». «Napoli no». «Ebbene mandatemi in esilio, purché sia presto». «L’esilio è pena, e non vi si può dare. Basta, riferirò».

Finalmente il 14 ottobre due ore dopo il mezzodí fummo chiamati in prefettura il Musolino, l’Anastasio, il Bianchi, ed io; e ci venne anche l’Escalonne: ed il medesimo commessario dopo averci fatto aspettare un pezzo ci disse: «Stanotte partirete con la diligenza per le Calabrie, ognuno al suo paese: voi, signor Settembrini, che siete napoletano potete andare a casa vostra». Abbracciai i compagni, diedi la mancia ai birri, ed uscii solo. Era verso sera e piovigginava, e io studiavo il passo: come giunsi a la casa dove abitava mia moglie, dimandai ad una donna se lí abitasse una signora che aveva il marito carcerato: la donna mi rispose di sí, mi guardò fiso, indovinò chi ero, e diede un grido: «Il marito della signora». Raffaele mi corse incontro nelle scale, e mi diceva: