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150 parte prima - capitolo xvii


Delcarretto e qualche altro consigliere della corona dicevano di no; ma spirava l’aura mossa dal Gioberti, e il re, che sapeva di essere tenuto nemico di ogni sapere, per mostrar falsa l’accusa, volle il congresso ed ordino che gli scienziati fossero accolti ed ospitati splendidamente, ed invitati anche a corte. Il congresso si riuní il 20 settembre nell’universitá, nella bella sala del museo mineralogico, e ci venne il re, e parlò, e disse come egli era lieto di accogliere nel suo stato il fiore degl’ingegni italiani, dai quali sperava che le scienze avessero incremento. Il Santangelo ne fu il presidente. In quei giorni venne a vedermi F. M. che fu mio caro discepolo, e acquistata l’amicizia del ministro Delcarretto era stato fatto giudice regio, e mi dimandò: «Non siete nel congresso anche voi?» «Non mi hanno voluto». «Come? e vi siete presentato?» «Sí, ed ho detto di aver laurea e nomina di professore, e mi hanno risposto che non basta. La risposta non mi ha fatto né caldo né freddo, e mi sono ritirato. Fui tra la folla il primo giorno, e forse ci anderò qualche altra volta per udire. E tu che fai con Sua Eccellenza?» «L’ho lasciato adesso: sbuffa come un toro e dice che questi scienziati gli danno molte noie per sorvegliarli, e mi ha mostrato un fascio di lettere sopra una tavola dicendomi: (Son tutte relazioni su questi signori). Stava nel suo studio, e scriveva, e si nettava la penna sul soprabito bianco che era tutto sporco d’inchiostro. Per voi poi meglio cosí, che non vi hanno voluto; ché il vostro nome sarebbe anche in quelle lettere». Finito il lavoro degli scienziati e delle spie, si cominciò a dire (ed erano voci suggerite dalla polizia) che dei príncipi italiani il solo papa aveva senno, che quegli scienziati eran tutti settari della giovane Italia mandati dal Mazzini in ogni parte per suscitarvi la rivoluzione. E poi che la rivoluzione avvenne: «Avete visto che era la setta? molti di quelli sono stati celebri rivoluzionari». Cosí dicevano e dicono ancora quelli che non sapendo né parlare né pensare se non imboccati dal prete non concepiscono che le rivoluzioni non si fanno per comando de’ superiori e di un capo setta, ma erompono dalla coscienza dei popoli.