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segue la rivoluzione fino al 15 maggio 193


nistero negava tutto, e dava il peggio, e tardi. Voleva dare il comando dell’esercito al Nunziante, o al Vial, o al Landi, poi disse: «Vogliono Guglielmo Pepe: ebbene questi è migliore degli altri perché fará un’altra frittata come quella che fece nel 1821». Il Pepe partí con dodici mila uomini su la fine di aprile, e con pochi napoletani sostenne l’onore d’Italia a Venezia.

Nel ministero dell’interno si lavorò a furia e si compilò una legge elettorale con cui poteva essere eletto deputato anche un mascalzone. «Ma che sorta di legge è cotesta?» dissi io ad un amico. «Cosí abbiamo gli uomini del nostro colore», mi rispose egli. Ed io: «Voi parlate sempre di colore, e non mai di sapore». Si fecero le elezioni il giorno 18 aprile, e furono migliori di quello che io credevo, che in massima parte furono eletti uomini stimabili. Si stabilí il 1° maggio per l’apertura del parlamento, e poi si differí al 15 maggio. Si pensò lungamente dove allogare le due Camere del parlamento, e dopo molte discussioni si stabilí di allogarle nell’universitá; la Camera dei deputati nella gran sala del museo mineralogico, e la Camera dei pari nella gran sala della biblioteca. Io mi feci come un serpente: «Ma cotesto significa chiudere l’universitá. Ma chiese e conventi non ce ne sono? ma non avete l’immensa isola dei gesuiti, dove fu il parlamento nel 1820, e dove ce ne possono stare dieci non uno? ma i nostri antichi e tutti gl’italiani non tenevano nelle chiese i loro parlamenti? Chiudere con tavole gli scaffali dove sono i minerali è certamente un danno, pure i minerali non si guastano: ma i libri, ma tanti preziosi libri seppellirli cosí è distruggerli certamente». Io ripetevo queste cose nella sala della biblioteca all’architetto che dirigeva i lavori, e che levando le spalle mi disse queste proprie parole: «È provvisorio, non dura molto, ognuno lo capisce». Ed era vero pur troppo: questo c’era nella coscienza della moltitudine.

Nel ministero d’istruzione pubblica l’Imbriani fece un decreto col quale si toglieva ai vescovi ogni ingerenza nella istruzione: il re fece molte opposizioni, infine lo sottoscrisse;

L. Settembrini, Ricordanze della mia vita - i. 13