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230 parte seconda - capitolo ii


fará piú cause, e dovrá cessare questa furia d’imprigionamenti e di processi». «Il governo conosce i suoi, e li ha scelti, costoro si brigan poco di patria, di libertá, di servitú, vogliono serbare la toga, e niente altro, son carnefici col soldo di cento otto ducati il mese». «Ma non tutti». «Tutti ribaldi, o vili; il magistrato è il primo puntello della libertá, perché la giustizia è la prima virtú degli stati: e questi sono primi strumenti della nostra servitú». «Ma tante promesse, tante assicurazioni, tante proteste!» «Arte di legisti». «Vedremo».

Mentre facevam questi discorsi udimmo su la volta della prigione un rumor grave come di seggioloni rimossi, e di un calpestio di piú persone. «Son dessi, dicemmo, ci stanno sul capo, e giudicano di noi. O se alcuno dicesse loro che noi siam qui». La camera dei consiglio sta propriamente su la stanza dove noi eravamo.

Dopo alquanto tempo io prendendo una seggiola me la trovai rotta e disfatta tra le mani, e dissi sorridendo: «Brutto augurio questo per me». Filippo ricordò che c’eran brutti augúri per tutti, perché la sera precedente s’era rovesciato sul tavolino un candeliere d’olio. «L’ho rovesciato io, disse Faucitano, e male per me solo». E Filippo ridendo: «Non dubitate, c’impicheranno tutti». Ed io: «Oh, non s’è trovato ancora il campo per seminarvi quel canape che dovrá stringerci la gola». «Ma che uomo sei tu?» mi disse Michele. «Ora parli di cattivi augúri come una femminetta, ora sfidi la morte, e scherzi. Non sai che ora qui sopra si può formare il laccio per noi?» «Bah! non sanno farlo: l’avrebbon fatto prima: se lo fanno ora, si spezzerá nelle loro mani». «E se ci manderanno in galera?» «Il saggio sta bene in ogni luogo». «Ma neppure adesso vuoi finirla? Via parliamo d’altro». Io aveva il maggior gusto del mondo a contraddire il caro Michele, e con istrane parole e con qualche stravaganzella fargli venire un po’ di stizza. Attaccavamo certi moccoli lunghi lunghi, nei quali talvolta c’era da imparare: egli strillava, io ridevo, poi ridevamo ambedue. Uomo carissimo, di bello ingegno, di molte e varie cognizioni, di cuore ottimo,